29.12.08

Augusto de Franco

Quanto mais você se parece com um chimpanzé, mais precisa de líderes extraordinários, machos alfa e outros conductores de rebanho.

18.12.08

Argentina

Arrivo a Buenos Aires con l'aspettativa che la cittá del Tango genera nella mia testa e con i piedi di piombo per essere risaputamente un porto di mercanzie con una forte cultura di emigranti italiani. La zona centrale é in pianta una cittá spagnola fatta di blocchi di edifici che si usano per vivere, per mangiare e per misurare le distanze: ad ogni cuadra corrispondono in genere 100 numeri civici e 3 minuti di percorrenza, é l'unitá di misura della distanza urbana.
L'ereditá spagnola non ha fatto sconti di zone verdi nel downtown, peró l'aspetto degli edifici é grandioso in dimensioni e imponenza, correlato da strade larghe con traffico italian style.
Ho qualche problema con i mezzi di trasporto, in generale se sali sull'autobus devi avere le monete corrispondenti al biglietto sennó l'autista ti fa scendere nel bel mezzo della 9 de Julio con zaino e zainetto e un'idea confusa di dove devi andare. In banca, a cambiare le banconote in monete per poi riprendere l'autobus. Strano sistema, penso.
La signora Amalia dell'ostello San Nicholas mi spiega con sarcasmo che gli eredi dei nostri paesani fanno un mercato nero delle monete e le vendono alle industrie metallurgiche, che le pagano piú del valore nominale per accaparrarsi il metallo; di qui la penuria di spicci ovunque, cartelli ad indicare che non c'é cambio, ecc. Un po'stressante come prospettiva di vita a lungo termine, i poveri porteños fanno di necessitá virtú ove possibile e quindi puó succedere che ci si senta fregati dal bar di turno al momento di pagare il conto..
Altra peculiaretá é il fatto che nessuno ad eccezione degli edicolanti é in grado di dare un'informazione corretta. Se non avete la mappa della cittá potete camminare indefinitamente, in moto perpetuo fino allo spossamento. Il bello é che lo sanno tutti a Buenos Aires, ma continuano nella folle pratica dello spaesare il turista.
A parte queste piccole incongruenze, ci sono degli angoli che meritano veramente una visita, come la Boca con la sua zona portuaria, i suoi colori e le sue realtá sociali al di lá dei ballerini di tango che si destreggiano per i turisti. É un quartiere nato povero e in molte parti ancora tale, pericoloso dopo una certa ora, ma tremendamente affascinante. La vera BA degli immigranti (italiani, nello specifico) é qui, lontano dai palazzoni messi su da uno stato troppe volte lasciato in ginocchio dagli interessi esterni. Altro quartiere tipico e ammaliante, San Telmo, si regge sui vecchi bar dove si mangia asado e si suona tango fino a tardi, mentre la domenica c'é un mercato con qualsiasi tipo di artigianato dei dintorni.
Nel centro invece la pompa magna di certi palazzi sembra quasi una quinta teatrale o un ricordo di qualche bel tempo andato: quando si entra in contatto con il sistema argentino ci si accorge che l'apparenza di cittá europea (mille angoli che sembrano altrettanti posti diversi del vecchio continente) si infrange contro uno stato che funzina cosí cosí, con grossi sforzi da parte dei cittadini (stanchi a dire il vero) per venire incontro alle inadempienze di regole, costumi e buon senso. Ho lasciato come ricordo un paio di fogli di lamentela in due posti pubblici, ma dubito che nessuno li legga mai.
A Rosario vengo accolto da Paula che rende il mio unico giorno di permanenza piacevole e distensivo. A parte il monumento alla bandiera argentina e il museo del Che (piuttosto recente) il vero incanto é il fiume Paraná che scorre placido sotto il livello della cittá e sotto i bar che di notte diventano ritrovo di ragazzi che escono a prendere il fresco.
Passo 3 giorni a Cordoba che conserva la struttura delle cittá coloniali e alcuni edifici molto belli. Dormo da Marcio insieme ad altre 2 persone, casa grande e ambiente reso familiare dalla tranquillitá pachidermica di Marcio, dal suo ottimo asado e dall'accompagnamento di musica napoletana con Carosone in prima linea, strascico di un infanzia passata con un padre napolentano. La stazione degli autobus mi risucchia e cosí mi fermo un giorno in piú del previsto. Faccio scalo a S. Ignacio Minì dopo 22 ore di viaggio, una scelta azzeccata per uscire dalla cittá ed apprezzare la natura prima di rientrare in Brasile. La regione di Misiones, una volta appartenente al Paraguay e poi sottrattagli con la guerra della Triplice Alleanza, pullula di missioni gesuitiche sorte nel XVII secolo e durate appena 150 anni, fino a quando cioé i sovrani di Spagna e Portogallo hanno deciso che questi frati che istruivano gli indios e insegnavano loro a combattere per la loro terra erano scomodi, con il Papa ad annullare ufficialmente il senso delle missioni e l'ordine gesuitico qualche tempo dopo. Restano delle rovine e la giungla che si sta riprendendo lo spazio usurpatole secoli addietro, in un misto di sacralitá e selva che mi ha riportato ai racconti di Kipling in oriente.
Mi dirigo successivamente a Puerto Iguazù per vedere le famose cascate. Gastón mi riceve nella sua casa di legno che fa tanto ranger insieme all'uniforme che mette per lavorare.
Ebbene il parco delle cascate é qualcosa di incredibile, inspiegabile, irripetibile. Il fiume Iguaçu fa un'ansa enorme e cambia di livello, parecchie decine di metri, dando origine a tutti i tipi di cascata che l'acqua forma per scendere da un livello all'altro: gole, salti multipli, muro d'acqua, zampilli che escono dalle rocce, ecc. É un tripudio di vita, uno spettacolo che non vale la pena descrivere, solo contemplare dai moltissimi punti panoramici di cui il parco dispone.
Grazie all'accondiscendenza e gentilezza di Gaston torno piú volte nei posti piú emozionanti godendo fino in fondo di questo strabiliante prodigio.